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Sicurezza antincendio nei condomini
La nuova legge per la Gestione Sicurezza Antincendio nei condomini scadenza Maggio 2020 (28 marzo 2020)
Categorie: Prevenzione Incendi - La nuova legge per la Gestione Sicurezza Antincendio nei condomini
I rischi causati dagli incendi sono sempre da tenere in considerazione e in particolare in strutture che ospitano molte persone come i condomini.
La gestione della sicurezza antincendio è molto importante e non deve essere sottovalutata quando si svolge l’attività di amministratore condominiale.
La normativa per la GSA dei condomini è cambiata di recente e sono state apportate sostanziali variazioni rispetto alla precedente.
Nel Decreto 25 gennaio 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 5 febbraio 2019, sono state definite le “Modifiche ed integrazioni all’allegato del decreto 16 maggio 1987, n. 246 concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione”.
La nuova legge obbliga a intervenire negli edifici di civile abitazione per essere conformi alle nuove disposizioni riportate nell’Allegato 1 del Decreto in merito alla GSA.
La gestione della sicurezza antincendio è differenziata a seconda dell’altezza del condominio e prevede 4 livelli di prestazioni (da 0 a 3) con norme via via più restrittive.
Per un edificio di altezza antincendi tra i 12 e i 24 metri le misure antincendio sono quelle minime previste per il livello 0, mentre all’estremo opposto ci sono le strutture civili di altezza superiore agli 80 metri per le quali sono previste regole molto più articolate.
Ad un anno dall’approvazione del Decreto (maggio 2020) dovranno essere adeguati tutti gli edifici, ma per l’installazione, dove necessario, degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio con indicatori ottici e acustici e dei sistemi di allarme vocale (EVAC) la scadenza è maggio 2021.
Livelli di gestione emergenza per la GSA
I quattro Livelli di Prestazione (L.P.) associati alle diverse tipologie di edifici sono i seguenti:
P. 0 per altezza antincendi da 12 m a 24 m
P. 1 per altezza antincendi oltre 24 m a 54 m
P. 2 per altezza antincendi oltre 54 m fino a 80
P. 3 per altezza antincendi oltre 80 m
Le misure minime che riguardano il livello di prestazione 0 includono le istruzioni che il responsabile deve fornire agli occupanti dell’edificio per la chiamata dei soccorsi, la messa in sicurezza delle apparecchiature, le indicazioni per l’esodo in sicurezza, il divieto di utilizzo degli ascensori.
Il Livello di prevenzione 1 aggiunge alle richieste precedenti l’effettuazione del piano di emergenza, ovvero un documento che contiene tutte le indicazioni da seguire in caso di emergenza, già previsto per i luoghi di lavoro e da rendere disponibile a tutti i lavorati, ora entra anche negli edifici ad uso residenziale con l’obbligo di renderlo disponibile agli occupanti.
Nel L.P. 2 occorre inoltre effettuare l’installazione di un impianto antincendio con dispositivi di emergenza sonori e visivi.
Gli edifici facente parte del L.P. 3 dovranno avere misure antincendio preventive, la pianificazione dell’emergenza e un centro di gestione dell’emergenza in cui devono essere presenti tutte le informazioni utili (planimetrie degli edifici, numeri telefonici, schemi degli impianti), la centrale degli impianti antincendio e dell’EVAC.
Il responsabile della Gestione Sicurezza Antincendio.
Parallelamente all’aumentare dei livelli di prestazione richiesti aumentano anche i compiti che il Responsabile delle attività deve svolgere.
Le azioni di base che il responsabile deve eseguire sono:
Identificazione delle misure antincendio standard
Informazione dei condomini sulle procedure antincendio
Affissione di fogli riportanti le informazioni utili in caso d’incendio
Verifica e manutenzione di tutti gli strumenti antincendio
I livelli superiori al L.P.0 prevedono sempre maggiori compiti a carico del responsabile della GSA al fine di mantenere sempre un alto grado di sicurezza.
Codice prevenzione incendi
Codice di prevenzione incendi pubblicato in G.U. il Decreto con le modifiche29 aprile 2019
Categorie: Prevenzione IncendiÈ stato pubblicato nella G.U. del 23/04/2019, n. 95, il Decreto del Ministero dell’interno che apporta modifiche al Codice di prevenzione incendi, di cui al D. Min. Interno 03/08/2015, in vigore dal 20/10/2019, apporta importanti modifiche al Codice di Prevenzione Incendi, di cui al D. Min. Interno 03/08/2015.
Si prevede l’eliminazione del cd. “doppio binario” per la progettazione delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi: la normativa “prestazionale” da facoltativa diventa obbligatoria per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ma non normate.
In particolare, il nuovo art. 2 del D. Min. Interno 03/08/2015 prevede che le norme tecniche del Codice di prevenzione incendi (cd. “regola tecnica orizzontale“, RTO), si applicano alla progettazione, alla realizzazione e all’esercizio delle attività di cui all’Allegato I del D. P.R. 01/08/2011, n. 151, individuate con i numeri: 9; 14; da 19 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64; 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini; 67, ad esclusione degli asili nido; da 69 a 71; 73; 75; 76.
Sono fatte salve le modalità applicative alternative di cui all’art. 2-bis per le attività individuate ai seguenti punti di cui all’Allegato I del D. P.R. 01/08/2011, n. 151: 66, ad esclusione delle strutture turistico-ricettive all’aria aperta e dei rifugi alpini; 67, ad esclusione degli asili nido; 69, limitatamente alle attività commerciali ove sia prevista la vendita e l’esposizione di beni; 71; 75, con esclusione dei depositi di mezzi rotabili e dei locali adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili.
Inoltre, le RTO si applicano alle attività sopra elencate di nuova realizzazione.
Per gli interventi di modifica ovvero di ampliamento alle attività sopra elencate esistenti al 20/10/2019, le RTO si applicano a condizione che le misure di sicurezza antincendio esistenti, nella parte dell’attività non interessata dall’intervento, siano compatibili con gli interventi da realizzare.
Le RTO possono essere comunque di riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’Allegato I del D. P.R. 01/08/2011, n. 151, o che non siano elencate nel medesimo allegato
Prevenzione incendi alberghi
Prevenzione incendi alberghi: proroga termini e condizioni (21 dicembre 2017)
Categorie: Prevenzione IncendiLa Legge di bilancio 2018 prevede per le strutture con oltre 25 posti letto lo slittamento del termine al 30/06/2019 con la necessità della previa presentazione di una SCIA parziale entro il 01/12/2018 attestante il rispetto di alcune condizioni minime.
l comma 666, lettera h), dell’articolo unico della Legge di bilancio 2018, all’esame del Parlamento, reca disposizioni in materia di adeguamento alla normativa antincendio degli alberghi ed in generale delle attività ricettive turistico alberghiere con oltre 25 posti letto.
TERMINE DI ADEGUAMENTO E STRUTTURE INTERESSATE – In particolare viene posticipato al 30/06/2019, a determinate condizioni, il termine (scadente il 31/12/2017) per il completamento dell’adeguamento alla normativa antincendio degli alberghi ed in generale delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto:
– esistenti alla data di entrata in vigore del D. Min. Interno 09/04/1994 che ha approvato la regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l’esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere;
– in possesso dei requisiti per l’ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con D. Min. Interno 16/03/2012.
PREVIA PRESENTAZIONE DI SCIA PARZIALE – Si prevede inoltre la previa presentazione al comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 01/12/2018, della SCIA parziale, attestante il rispetto di almeno quattro delle seguenti prescrizioni come disciplinate dalle specifiche regole tecniche:
– resistenza al fuoco delle strutture;
– reazione al fuoco dei materiali;
– compartimentazioni;
– corridoi;
– scale;
– ascensori e montacarichi;
– impianti idrici antincendio;
– vie d’uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali;
– vie d’uscita ad uso promiscuo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali;
locali adibiti a deposito.
Regola tecnica di prevenzione incendi per le attività scolastiche
Regola tecnica di prevenzione incendi per le attività scolastiche (D.M. 07/08/2017) (29 agosto 2017)
Categorie: Novità legislative / Prevenzione IncendiDecreto 7 agosto 2017: regola tecnica prevenzione incendi attività scolastiche
Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le attività scolastiche, ai sensi dell’art. 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
Entrata in vigore: 25.08.2017
G.U. n. 197 del 24 agosto 2017
…
Art. 1. Nuove norme tecniche di prevenzione incendi per le attività scolastiche
1. Sono approvate le norme tecniche di prevenzione incendi per le attività scolastiche di cui all’allegato 1, che costituisce parte integrante del presente decreto.
Art. 2. Campo di applicazione
1. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare alle attività scolastiche di cui all’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 ivi individuate con il numero 67, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto ovvero a quelle di nuova realizzazione, ad esclusione degli asili nido.
2. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possono applicare alle attività scolastiche in alternativa alle specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992.
3. All’esito del monitoraggio di cui all’art. 4 del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, sono verificati, entro il 31 dicembre 2019, gli elementi raccolti al fine di determinare l’esclusiva applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto, in sostituzione delle norme di prevenzione incendi per le attività scolastiche di cui al decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992.
4. La verifica di cui al comma 3 viene effettuata dal Ministero dell’interno d’intesa con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e, in relazione agli esiti della verifica medesima, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si procede all’eventuale abrogazione del decreto del Ministro dell’interno del 26 agosto 1992.
Art. 3. Modifiche al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015
1. All’allegato 1 del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, nella sezione V «Regole tecniche verticali», è aggiunto il seguente capitolo «V.7 – Attività scolastiche», contenente le norme tecniche di prevenzione incendi per le attività scolastiche di cui all’art. 1.
2. All’art. 1, comma 2, del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015, dopo la lettera p) è aggiunta la seguente lettera « q) decreto del Ministro dell’interno 26 agosto 1992 recante “norme di prevenzione incendi nell’edilizia scolastica” e successive modificazioni.».
3. All’art. 2, comma 1, del decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 dopo le parole «66, ad esclusione delle strutture turistico – ricettive nell’aria aperta e dei rifugi alpini» sono inserite le seguenti parole «67, ad esclusione degli asili nido;».
Art. 4. Norme finali
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 7 agosto 2017
Nuove norme per le autorimesse
Prevenzione incendi: pubblicate le nuove norme per le autorimesse 14 aprile 2017
Categorie: Novità legislative / Prevenzione IncendiIn vigore dal prossimo 4 aprile le regole tecniche per le attività con superficie complessiva coperta superiore a 300 mq
07/03/2017 – Nuove norme tecniche di prevenzione incendi per le autorimesse con superficie complessiva coperta superiore a 300 mq.
E’ stato, infatti, pubblicato in Gazzetta il DM 21 febbraio 2017 che in allegato contiene le Regole tecniche verticali per prevenire l’insorgere d’incendi.
Le norme tecniche si possono applicare in alternativa alle specifiche norme tecniche di prevenzione incendi previste dal DM 1 febbraio 1986 e dal DM 22 novembre 2002.
Il provvedimento entrerà in vigore il 4 aprile 2017, il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione in Gazzetta.
Conoscere gli incendi
In questa sezione del sito è possible approfondire la conoscenza degli incendi, da cosa sono prodotti, come si sviluppano, quali effetti provocano e quali sono i mezzi più efficaci per combattere le sue diverse forme. Ogni anno essi provocano tragedie umane alle famiglie dei lavoratori e danni ingentissimi alle aziende. Noi siamo convinti che la prevenzione inizi dallo studio, perché l'unico modo per sconfiggere questo terribile nemico è quello di conoscerlo bene.
La combustione
É una reazione chimica che sviluppa calore, spesso accompagnato da fiamme e fumo. Per ottenere questa reazione sono necessari tre elementi: il combustibile, il comburente, il calore, che assieme formano il cosiddetto triangolo del fuoco. Le sostanze combustibili hanno come costituenti fondamentali il carbonio C, l’idrogeno H, l’ossigeno O, lo zolfo S. I combustibili solidi sono caratterizzati dalla pezzatura (massa del combustibile), dalla compattezza (presenza di aria nella massa) e dall’umidità (presenza di acqua nella massa); in questa categoria vanno incluse le polveri, che si comportano però come miscele gassose. In base alla dimensione delle particelle ed alla loro concentrazione ed umidità si può verificare anche una reazione di deflagrazione. I combustibili liquidi tendono ad evaporare, ed è in questa fase che si determina la combustione; i fattori che la influenzano sono:
1) la temperatura del liquido;
2) la concentrazione del vapore nell’aria.
Nel caso dei combustibili gassosi la combustione è influenzata dalla concentrazione del gas nell’aria. In tutti i casi è necessario il raggiungimento della temperatura di accensione o di autoaccensione, che è la temperatura più bassa che un combustibile deve raggiungere per accendersi spontaneamente senza altro apporto calorico.
BENZINA
250 °C
GASOLIO
220 °C
IDROGENO
560 °C
PENTANO
420 °C
ABETE IN TRUCIOLI
260 °C
CARTA DA GIORNALE
230 °C
COTONE LENZUOLO IN ROTOLO
238 °C
FIAMMIFERI
163 °C
GOMMA SINTETICA
294 °C
LANA IN ROTOLO
205 °C
LEGNO IN PANNELLI TRUCIOLATI
216 - 230 °C
NITROCELLULOSA IN FILM
137 °C
NYLON
476 °C
RAYON - VISCOSA
280° C
SETA NATURALE
570 °C
Il punto di infiammabilità
E’ detto punto di infiammabilità o temperatura di infiammabilità la temperatura più bassa alla quale un liquido infiammabile emette vapori in quantità tale che miscelati con l’aria possono incendiarsi in presenza di una fiamma. I combustibili liquidi, sotto questo punto di vista, si suddividono in:
liquidi molto infiammabili (Cat. A) con temp. di infiammabilità <21°C
liquidi infiammabili (Cat. B) con temp. di infiammabilità >21°C e <65°C
liquidi combustibili (Cat. C), divisi in olii combustibili con temp. di infiammabilità >65°C e>125°C ed olii lubrificanti con temp. di infiammabilità >125°C.
Per gli Idrocarburi la temperatura di accensione è tanto più bassa quanto più alto è il peso molecolare. Altro elemento importante è la presenza di aria in determinate proporzioni; se la quantità di aria è inferiore o superiore a determinati limiti, la combustione non ha più luogo.
Si definisce limite inferiore di infiammabilità la concentrazione di vapori di un liquido infiammabile miscelati con l’aria, al di sotto della quale non si ha accensione in presenza di innesco.
Si definisce limite superiore di infiammabilità la concentrazione di vapori di un liquido infiammabile miscelati con l’aria, al di sopra della quale non si ha accensione in presenza di innesco.
Sono definiti gas quelle sostanze che si trovano allo stato gassoso nelle condizioni normali di temperatura e di pressione. Poichè i gas sono molto leggeri, in genere vengono, a seconda delle loro proprietà fisiche, conservati o sotto pressione a temperatura ambiente, o liquefatti a temperetura ambiente e pressione relativamente bassa, al fine di poter utilizzare poco spazio per stoccaggi considerevoli. Si forniscono infine le seguenti definizioni:
temperatura di combustione - massima temperatura che si può raggiungere nella combustione completa di una combustibile
calore di combustione - quantità di calore sviluppata da un grammo-atomo di sostanza solida o liquida, o da un grammo-molecola di una sostanza gassosa
potere calorifico - calore sviluppato dall’unità di massa di sostanza solida o liquida, o dall’unità di volume di sostanza gassosa
potere comburivoro - volume di aria teorico richiesto per la combustione dell’unità di massa o di volume di sostanza combustibile.
I prodotti della combustione
Durante il processo di combustione oltre al calore ed alle fiamme, si sviluppano diversi prodotti derivati dalla trasformazione del combustibile e del comburente, quali le ceneri e i gas di combustione. Ai fini della protezione dai rischi derivanti da incendio è di rilevante importanza la conoscenza e lo studio delle sostanze che si volatilizzano negli ambienti o nelle aree interessate durante lo sviluppo della combustione.
I principali gas sono:
Anidride carbonica
Ossido di carbonio
Idrogeno solforato
Anidride solforosa
Acido cianidrico
Acidocloridrico
Vapori nitrosi
Ammoniaca
Acroleina
Fosgene
L’ossido di carbonio è un gas che si forma in grande quantità e costituisce il pericolo maggiore. E’ un gas che si unisce ai globuli rossi del sangue e va a sostituire l’ossigeno da essi trasportato provocandone la morte. Ad ogni atto respiratorio muoiono milioni di globuli rossi, mentre la morte dell’organismo avviene in 3 o 4 minuti.
L’anidride carbonica si forma in grande quantità ed è un gas asfissiante. Provoca un aumento degli atti respiratori, per cui l’organismo tende ad inalarne sempre di più insieme aglli altri gas presenti nell’aria. Più anidride carbonica si inala più si abbassa il livello di ossigeno nel sangue, con conseguente torpore e perdita di conoscenza, la morte sopraggiunge per soffocamento.
L’idrogeno solforato è un gas con un caratteristico odore di uova marce. L’inalazione prolungata di aria contenente questo gas provoca vertigini e vomito. Ad alte concertrazioni attacca il sistema nervoso provocando affanno e successivamente il blocco della respirazione.
L’ammoniaca è un gas che si forma per la combustione di materiali contenenti azoto. Viene impiegata in alcuni impianti di refrigerazione ed in caso di fuga costituisce un grave rischio di intossicazione. In concentrazioni elevate produce spasmo della glottide e successivo soffocamento.
L’acido cloridrico è un gas che si forma per la combustione di materiali contenenti cloro come la maggior parte dei materiali plastici. Una concentrazione di 1500 p.p.m. è fatale in pochi minuti.
L’aldeide acrilica è un gas che si forma per la combustione di materiali derivati dal petrolio, grassi, olii. Concentrazioni superiori a 10 p.p.m. possono essere mortali.
Il fosgene è un gas che si forma per la combustione di materiali contenenti cloro. La presenza di questo gas è da temere soprattutto nei luoghi chiusi. Gli estintori a tetracloruro di carbonio possono provocarna la formazione, quindi dopo il loro uso vanno abbandonati gli ambienti.
Nel complesso i prodotti della combustione possono avere effetti sia sugli esseri viventi sia sugli oggetti e le costruzioni; per gli esseri viventi abbiamo visto che l’azione letale si esplica per la tossicità di alcuni composti, per la carenza di ossigeno e per l’azione del calore.
Per i materiali e per le costruzioni gli effetti principali sono dovuti, oltre all’incenerimento, alla corrosione da parte di alcuni composti e alla deformazione per effetto del calore.
Effetti di un incendio
Quali sono gli effetti di un incendio?
E' opinione diffusa che la maggior causa di morti in caso di incendio sia una rapida esposizione al calore o il contatto con le fiamme.
Analisi statistiche mostrano invece che solo una piccola percentuale di de cessi è da attribuire a tale causa.
Nell'8% dei casi il decesso &e grave; dovuto a rapida esposizione al calore e nel 10% è dovuto ad ustioni.
Percentuali del 62,3% e del 26,0% sono da attribuire alle intossicazioni e alle ustioni rispettivamente.
In Giappone, come media dei decessi ne gli anni dal 1968 al 1974, si è trovato che il 45% è dovuto ad intossicazioni, il 38% ad ustioni, lo 0,8% a contusioni, fratture e il rimanente 16 ,20% ad altre cause.
Il numero maggiore di causa di decessi è invece da attribuire alla inalazione di ossido di carbonio, di gas nocivi come l'acido cianidrico e di una grande varietà di composti organici che si svolgono per pirolisi da materiali naturali e sintetici.
La deficienza di ossigeno e/o l'eccesso di anidride carbonica, possono condurre alla perdita di conoscenza e alla morte per asfissia.
Le sostanze nocive, nei gas di combustione , non si trovano separatamente ma rappresentano una più o meno ampia e variabile mescolanza di gas, vapori, aerosoli e particelle solide, il cui effetto è, spesso, quello di esaltare l'azione nociva di ciascuna sostanza (sinergismo dei miscugli) conducendo a morte più rapidamente.
La composizione dell'atmosfera gassosa in caso d'incendio, oltre che dalla composizione de lle sostanze che bruciano, dipende anche dall'andamento della combustione, dalla quantità di ossigeno disponibile, dalla temperatura raggiunta e da numerosi altri fattori.
Ma oltre alla natura e concentrazione delle varie sostanze dannose, sulla mortalità incidono altri fattori estranei all'incendi o come le condizioni fisiche dei soggetti (specie malattie cardiocircolatorie e polmonari), la percentuale di alcool o di droghe nel sangue, e così via.
Tra le svariate sostanze dannose il maggior responsabile di morti è l'ossido di carbonio.
Numerosi studi hanno consentito di trovare che la massima concentrazione in aria, tollerabile dall'uomo per la durata di 60 minuti, è di 1.000 p.p.m. (ossia 1.000 parti di CO per milione di parti aria).
Oltre all'ossido di carbonio, il responsabile di molti decessi è l 'acido cianidrico che si trova nei prodotti della combustione di varie sostanze contenenti azoto (lana, seta, nylon, poliuretani, ecc.).
Oltre all'azione chimica dei miscugli di gas e particelle in sospensione, accennata dinanzi, i fumi svolgono un'azione estremamente negativa in quanto
diminuiscono la visibilità, fino ad impedirla. Questa dipende, oltre che dalla quantità di fumo prodotta e dalla densità, anche dagli spessori e disposizione degli strati e infine dalla composizione. La presenza di sostanze irritanti porta ad abbondante lacrimazione, come l'acido cloridrico, o addirittura all'opacizzazione della cornea, come l'acido fluoridrico, ecc..
L'effetto ultimo é quello di diminuire la capacità di allontanarsi rapidamente dal luogo del sinistro da parte degli occupanti, che possono essere esposti a concentrazioni letali di gas tossici e trovarvi la morte.
Gli effetti sugli oggetti e sui materiali da costruzione
L'incendio provoca la combusti one degli oggetti costituiti da sostanze combustibili, la rottura di quelli fragili al calore (per es. vetri), la fusione e l'accensione di oggetti di alcune materie plastiche ed anche la fusione di alcuni metalli (stagno, piombo, zinco, ecc.).
Un brevissimo cenno all'azione del calore sui materiali da costruzione d'impiego comune.
Le pietre calcaree, a cominciare dagli strati più esterni, possono essere decomposte dal calore, che invece può spezzare i marmi. I graniti si possono sfaldare sia per effetto delle diverse dilatazioni dei vari componenti sia per la presenza del quarzo che mostra una dilatazio ne lungo l'asse di cristallizzazione principale, all'incirca metà, di que lla nel piano ad esso perpendicolare. Le arenarie si possono sfaldare secondo pi ani perpendicolari al flusso termico.
Le pietre artificiali di cemento, di pomice, di scorie e i calcestruzzi cellulari non subiscono alterazioni apprezzabili, tranne lievi sfaldamenti superficiali, anche sotto l'azione dell'acqua d'estinzione.
I laterizi si comportano diversamente a seconda che si tratti di mattoni pieni (o forati a piccoli fori: i così detti mattoni svizzeri) o forati. I primi si comportano ottimamente (fino ad arrivare alla vetrificazione e fusione superficiale dopo prolungata esposizione a temperature elevate), mentre i secondi si possono rompere con frattura fragile per effetto degli sforzi di taglio indotti da differenze di temperatura fra ì vari strati.
Il gesso, che è solfato di calcio biidrato, ha un comportamento a l calore caratteristico: a 128'C evapora una molecola e mezza d'acqua d'idratazione molecolare, a 163'C la residua mezza molecola. Durante le trasformazioni di fase le temperature restano costanti. Viene dilavato dai getti d'acqua di estinzione, per cui viene spesso usato mescolato con cemento (malte bastarde).
Le malte di calce ordinaria sotto l'azione del calore sviluppano anidride carbonica assorbendo calore, quelle di cemento liberano acqua d'idratazione molecolare .
Il comportamento al calore dei calcestruzzi varia a seconda della composizione e della natura degli inerti (silicei calcarei, basatici, ecc.), della granulometria, del grado costipamento, ecc.; la conduttività termica decresce con l'aumentare della temperatura.
Gli effetti del calore sulle strutture si possono porre essenzialmente in rapporto ai seguenti fattori:
distribuzione della temperatura nelle strutture
degradazione dei materiali con l'aumentare della temperatura e c ioè diminuzione della resistenza e della rigidità
dilatazione termica degli elementi e delle strutture.
Una distribuzione di temperatura non uniforme, quale è quella che in generale si riscontra nelle strutture, conduce all'insorgere di tensioni di origine termica tanto più el evate quanto minore è la conduttività del materiale e maggiore la sua capacità termica. In tal caso anche per le piccole variazioni di spessore si determinano forti gradienti di temperatura, notevoli differenze di dilat azione fra strato e strato e quindi sforzi tangenziali che possono condurre allo sfaldamento superficiale o al distacco di parti.
La degradazione dei materiali con l'aumentare della temperatura viene essenzialmente rappresentata dalla diminuzione delle tensioni di proporzionalità, di snervamento e di rottura e del modulo d'elasticità normale e dell'aumento della deformabilità e dello scorrimento viscoso.
Nel complesso la degradazione dei materiali conduce ad una alterazione dello stato tensionale e deformativo e, in ultima analisi, ad una diminuzione del grado di sicurezza vero della struttura.
La dilatazione termica ha conseguenze diverse a seconda dello schema statico della struttura e in particolare dei vincoli.
Dilatazioni termiche "libere", quali sono quelle che si verificano nelle strutture isostatiche, non hanno alcun effetto sulle caratteristiche di sollecitazione, ma possono condurre a deformazioni notevoli, che sommate a quelle elastiche, plastiche e viscose, possono dar luogo a spostamenti o scorrimento eccessivi rispetto ai vincoli (per es. ap poggi) fino all'abbandono di essi e quindi al crollo.
Dilatazioni termiche impedite, anche per modesti aumenti di temperatura, conducono alla generazione di sforzi normali e momenti flettenti
Gli aumenti di temperatura, nelle strutture iperstatiche, inducono un'esaltazione degli sforzi tali da divenire rapidamente incompatibili con le resistenza della struttura e la compagine dei vincoli.
In realtà il cedimento dei vincoli, la plasticizzazione dell e sezioni, l'inflessione per carico di punta e le deformazioni plasto-viscose attenuano l'intensità degli sforzi fino a determinare, addirittura, un'inversione degli sforzi assiali.
Infatti al principio dell'incendio, quando l a differenza fra la lunghezza dell'asse neutro della trave e quella della corda è minore della dilatazione, si destano sforzi di compressione ed incrementi di momento.
Successivamente, con l'aumentare della temperatura, si per viene ad un punto in cui la differenza fra la lunghezza dell'asse neutro della t rave (compresi gli accorciamenti elastici e plastici) e quelli della corda &egra ve; uguale alla dilatazione termica della trave e lo sforzo assiale è nullo.
Infine, quando la flessione è tale che la differenza fra la lunghezza dell'asse neutro della trave e la corda è maggiore della dilatazione termica (dopo gli scarichi degli accorciamenti plastici) la trave è soggetta a trazione.
La temperatura di inversione dipende dalla rigidezza della trave e dal carico agente, nel senso che quanto più è elevat o il carico e quanto più piccola è la rigidezza tanto minore &egra ve; la temperatura di inversione.
Nelle strutture intelaiate gli allungamenti dei traversi aggravano le condizioni statiche dei pilastri, le dilatazioni delle piastre dei solai possono danneggiare altri elementi costruitivi.
Tali effetti negativi possono essere eliminati con una razionale disposizione dei giunti di dilatazione.
La resistenza all'incendio
La resistenza all'incendio è la proprietà di una struttura, nelle condizioni in cui si trova, di continuare ad assolvere le sue funzioni sotto l'azione contemporanea del carico che effettivamente vi insiste, e del fuoco.
Essa è misurata dal tempo necessario perché la struttura:
non sia più in grado di reagire a l carico esterno (resistenza meccanica)
non impedisca, per effetto di lesioni, il propagarsi delle fiamme (impermeabilità alle fiamme)
non impedisca aumenti di temperatura delle superfici non esposte oltre il punto di accensione di materiali combustibili a contatto con esse
non emetta gas infiammabili.
Tali proprietà vengono in generale verificate sperimentalmente.
Per quanto riguarda la stabilità all'incendio, essa provata in forni sperimentali secondo un programma convenzionale, stabilito in sede internazionale con fissate procedure e modalità di esecuzione ed interpretazione delle prove (UNI 7673).
Tali prove offrono il vantaggio di essere sufficientemente-riproducibili per uno stesso forno.
Il confronto dei risultati ottenuti in forni diversi non è agevole poiché ; essi dipendono dal tipo di forno, dalla natura dei materiali di rivestimento e dalle caratteristica combustione del combustibile impiegato, di irraggiamento d elle fiamme, ecc..
Le cose si complicano ancora di più quando si mettere a confronto i risultati ottenuti al forno (resistenza al fuoco convenzionale) con quelli di incendi reali ottenuti in apposite costruzioni o in edifici da demolire.
Occorre infine chiarire che nelle norme di sicurezza viene generalmente fissato un grado di resistenza al fuoco, che rappresenta la durata minima richiesta per la resistenza convenzionale.
Il grado di resistenza all'incendio viene fatto dipendere dal tipo di edificio e dalla sua destinazione, dalla qualità e quantità dei materiali contenuti e in sostanza dalla gravità dell'incendio ipotizzabile per quei tipo di edificio.
I valori richiesti possono essere diversi a seconda dei principi da cui si parte e delle finalità che si vogliono raggiungere.
In altri termini i valori della resistenza all'incendio variano a seconda che la struttura debba resistere solo per il tempo necessario allo sfollamento di tutti gli occupanti, o che non crolli verso strade e verso edifici adiacenti, che non crolli in ogni caso, consentendo altresì l'intervento dei Vigili del Fuoco e successivamente degli operai per la demolizione o ricostruzione, che sia di facile ed economica riparabilità, che l'edificio debba essere prontamente impiegato dopo l'estinzione dell'incendio o debba continuare a funzionare durante l'incendio stesso.
A fissare il valore del grado di resistenza all'incendio convenzionale concorrono anche l'altezza dell'edificio, il numero degli occupanti, la tecnica di intervento adottata, ecc.
Lo sviluppo dell'incendio
Come avviene
si verifica quando le temperature nei diversi punti del locale tendono a diventare uniformi ossia a differire sempre di meno le une dalle altre (flashover).
La combustione, al verificarsi del flashover, accelera notevolmente e richiede considerevoli volumi di ossigeno. Si possono così verificare temporanei squilibri dovuti ad insufficienza di aria fresca.
Il tenore di ossido di carbonio infine nel locale è molto elevato. In alcuni casi si arriva anche al 20%, ciò che implica seri rischi per gli occupanti degli altri locali che possono essere intossicati attraverso i fumi.
I gas di combustione contengono elevati tassi di incombusti e specie di ossido di carbonio che brucia sotto forma di fiamme fuori delle finestre.
Obiettivamente il flashover corrisponde all’infiammazione di quasi tutti i materiali combustibili presenti ed è caratterizzato dall’emissione di fiamme dalle finestre, in strati di forte spessore.
Il flashover si verifica dopo un tempo di 3-30 minuti e più dall’inizio dell’ignizione e la temperatura media raggiunge valori dell’ordine di 600°C.
L’incendio vero e proprio a combustione costante
Dopo il flashover si inizia la fase a combustione costante. La temperatura media è abbastanza elevata, le quantità di calore in gioco sono notevoli e i materiali combustibili, soggetti a forti flussi termici, sviluppano, per effetto di pirolisi, grandi quantità di gas infiammabili.
In rapporto alla ventilazione del locale, essi bruciano all’interno ma buona parte passa attraverso le finestre e brucia all’esterno.
La temperatura nel locale non è uniforme, i pavimenti e le parti inferiori dei muri raggiungono temperature minori di quelle raggiunte dalle parti superiori dei muri e dai soffitti; tuttavia le differenze non sono eccessive e la temperatura media di combustione rappresenta, con buona approssimazione, il fenomeno.
La potenza termica trasmessa alle superfici che limitano il locale (pavimento, muri e soffitto) dipende dalla ampiezza delle superfici interne, dal coefficiente di scambio termico superficiale, dalla emissività totale per le radiazioni tra le fiamme e i gas di combustione, dalla temperatura delle superfici interne, dalla natura e spessore delle pareti, dal coefficiente di scambio termico fra le superfici esterne e dalla temperatura dell’aria esterna.
La potenza termica asportata con i fumi e i gas di scarico attraverso le finestre dipende dal calore specifico dei gas di combustione e dalla differenza tra le temperature interna ed esterna nonché dalla portata dei gas uscenti (a loro volta funzione della portata di aria fresca entrante).
La potenza termica generata dipende dalla velocità di combustione (kg/h), che dipende anch’essa dalla portata di aria fresca entrante e dalla quantità di calore sviluppata dal combustibile nelle condizioni in cui avviene la combustione (kcal/kg).
Della potenza termica generata, mediamente, oltre il 60% viene asportata con i gas di scarico, circa il 10% viene irradiato attraverso le finestre verso l’esterno e circa il 30% va ad accumularsi nelle strutture che limitano il locale (muri, pavimenti e soffitti).
La dilatazione dovuta alla temperatura e la conseguente diminuzione di densità del gas di combustione e la differenza di pressione esistente fra l’interno e l’esterno, determinano la fuoriuscita dei gas di combustione attraverso le parti alte delle finestre e il richiamo di aria fresca dall’esterno che penetra nel locale dal basso. La parte inferiore del locale è quindi in depressione, la parte alta è invece in pressione.
Si può osservare che se la combustione originaria non viene sostenuta per deficienza di ossigeno, i volumi dei gas di combustione aumentano, ne aumenta la velocità di uscita, il piano neutro si sposta verso l’alto e viene richiamata una maggiore quantità di aria che ristabilisce la combustione originaria.
Si può quindi parlare di una sorta di autoregolazione degli incendi pienamente sviluppati.
Dopo il suo valore massimo, in questa fase la temperatura comincia a diminuire più o meno rapidamente e ciò in rapporto alla potenza termica ancora sviluppata dalla combustione dei residui dei materiali combustibili (in generale combustione senza fiamma) e quella restituita dalle strutture che limitano il locale.
Il calore che vi si è accumulato vi resta per tempi abbastanza lunghi e la sua restituzione avviene in relazione al salto termico fra la temperatura superficiale e quella dei gas nell’interno del locale, alle caratteristiche termiche (conduttività e capacità) e infine alla ventilazione del locale.
Questa terza fase non può né deve essere trascurata: il suo effetto è particolarmente severo nella distribuzione della temperatura della facciata compresa fra il piano incendiato e quello soprastante.
D’altra parte una notevole potenza termica continua ad essere asportata coi fumi, a disperdersi per irradiazione attraverso le finestre, mentre l’afflusso di aria fresca abbassa notevolmente la temperatura media.
I fattori da cui dipende l’incendio
Compartimento
Si definisce compartimento un settore di edificio delimitato da elementi costruttivi atti ad impedire, per un prefissato periodo di tempo, la propagazione dell’incendio e dei fumi e a limitare la trasmissione termica ai settori adiacenti dell’edificio in caso di incendio.
Gli elementi costruttivi che limitano il compartimento si dicono elementi di chiusura. Ove manchino elementi di chiusura idonei si considera quale compartimento l’intero edificio. L’ampiezza massima di un compartimento dipende dalla destinazione, dai carico d’incendio, dai mezzi di rivelazione e segnalazione e dai mezzi di spegnimento automatici installati.
Carico d’incendio
S’intende per carico d’incendio, e lo si indica con Q, la quantità di calore che si svilupperebbe per combustione completa di tutti i materiali combustibili contenuti nel compartimento, ivi compresi le strutture, gli infissi, le opere di finitura dei muri, pavimenti e soffitti costituiti da materiali combustibili.
Il carico d’incendio può essere riferito all’area in pianta A. o a quella delle finestre A,.
Può essere anche riferito ad un legno standard avente potere calorifico inferiore pari a 18,42 Mi /kg ottenendo il c.i. espresso in kg. di legno standard.
Il carico d’incendio per il modo come è stato definito dipende dalla qualità e quantità del materiale combustibile. Ma la quantità di calore prevista, in pratica, è ben lungi dall’essere raggiunta in rapporto a molti fatti accessori (stato di suddivisione, distribuzione, forma e modalità di deposito); ma soprattutto per il fatto che non si verifica mai la combustione completa di tutto il materiale combustibile nel compartimento.
Ventilazione
Secondo Kawagoe la portata volumetrica di aria entrante Qa è proporzionale all’area delle finestre e alla radice quadrata dell’altezza. Il coefficiente di proporzionalità è una quantità dipendente dalla differenza di temperatura fra interno ed esterno e dal rapporto fra volume di gas prodotto per unità di massa e il volume di aria richiesto per la combustione completa dell’unità di massa di combustibile.
Velocità di combustione
Legata alla ventilazione è la velocità di combustione, che è praticamente costante nella fase di incendio vero e proprio e cioè dal flashover al punto di temperatura massima.
La variazione della velocità di combustione in funzione del flusso d’aria o del fattore di ventilazione
Le formule teoriche forniscono valori in buon accordo con i risultati sperimentali durante la fase di incendio vero e proprio, durante la quale la velocità di combustione è approssimativamente proporzionale alla quantità di aria affluita attraverso le aperture e non dipende in maniera apprezzabile dalla quantità, porosità e forma del combustibile.
Si dice allora che la combustione dipende (o che è controllata) dalla ventilazione.
Ma vi sono altri casi in cui la combustione, durante l’incendio vero e proprio, è ampiamente indipendente dalla quantità d’aria affluita ma dipende dalle proprietà degli strati combustibili e la velocità di combustione dipende dalla quantità, forma e porosità del combustibile. Si dice che la combustione dipende (o che è controllata) dagli strati di combustibili.
Porosità
Altro fattore importante ai fini della caratterizzazione della velocità di combustione (specie in incendi sperimentali in cui il combustibile sia disposto in pile di listelli di legno incrocianti) è la cosiddetta porosità che, secondo Gross, è funzione del numero di strati, della grandezza dei listelli e del rapporto fra l’area dei vuoti e l’area della superficie esposta all’aria di tutti i listelli della pila.
Altri fattori
Sull’andamento della temperatura media in un locale incendiato in funzione del tempo, influiscono le caratteristiche geometriche del locale stesso (area dei pavimenti, pareti e soffitto) e delle aperture (porte e finestre) da cui dipende la ventilazione.
Anche la forma del locale, che può essere caratterizzata dal rapporto degli spigoli, può assumere notevole importanza. Per es. se la profondità del locale è prevalente sulle altre dimensioni, il flusso d’aria risulta ostacolato, la velocità di combustione si riduce (per profondità doppia si riduce a meno della metà), la temperatura risulta poco differente, ma la durata della combustione aumenta dell’ordine del 10% (per i più elevati carichi d’incendio).
L’ampiezza del locale, che può essere caratterizzata dal rapporto Af/At, a parità di altre condizioni, ha influenza molto modesta nell’evoluzione delle temperature in un incendio e sarebbe nulla nel caso che si trascurasse il calore irraggiato dalle aperture.
Infine la temperatura di un incendio è notevolmente influenzata dalle proprietà termiche dei materiali delle, strutture che limitano il locale.
Cosi la temperatura in un locale limitato da strutture di calcestruzzo leggero, a parità di altre condizioni, risulta, almeno nel periodo iniziale, notevolmente più elevata di quella in un locale analogo limitato da strutture di muratura di mattoni.
La propagazione dell’incendio
Nell’ipotesi che l’incendio si sviluppi naturalmente, cioè senza interventi di spegnimento o di altro genere, si esaminano i casi di propagazione all’interno e all’esterno del fabbricato in cui ha avuto origine.
L’estensione all’interno di un locale
Essa avviene sempre per tappe successive e dipende da numerose circostanze.
La rapidità con cui si sviluppa un incendio è influenzata moltissimo dal modo secondo cui avviene l’ignizione. L’estensione all’interno del locale dipende anche da piccole differenze nella natura, umidità, disposizione e orientamento degli oggetti di arredamento.
Dopo che la temperatura media ha raggiunto i 150-200′C gli incendi si comportano presso a poco in maniera simile, ma il modo secondo cui si propagano è ben diverso seconda dei casi.
La propagazione è influenzata anche da altri fattori come:
– l’estensione del locale
– la posizione della sorgente di ignizione in rapporto a la distanza dai muri e dalle finestre
– lo stato delle porte e delle finestre, se chiuse o aperte; nel primo caso l’incendio può arrestarsi per esaurimento o deficienza di ossigeno; nel secondo caso esso può evolvere rapidamente verso il flashover
– la natura e distanza reciproca dagli oggetti contenuti, soggetti a calore radiante
– la natura dei rivestimenti delle superfici interne del locale (muri e pareti, soffitto e pavimento).
Ai fini della propagazione in un locale, assume grande importanza il rivestimento infiammabile dei muri e parere quando la sorgente di calore è prossima ad essi. In caso contrario il rivestimento rappresenta solo un aumento del carico d’incendio.
Quando le fiamme emesse dall’oggetto acceso sono sufficientemente alte da raggiungere il soffitto, esse subiscono un fenomeno di flessione e allungamento, diverso a seconda della presenza di ostacoli o di correnti convettive.
Il calore radiante dal soffitto e dallo strato di gas caldi raggiunge con maggiore o minore intensità le superfici degli oggetti contenuti, ne eleva la temperatura determinando l’emissione di gas combustibili e quindi la propagazione dell’incendio coi meccanismo già illustrato.
La cosa naturalmente si aggrava se il soffitto è rivestito con materiale combustibile.
Anche il rivestimento del pavimento, se pure in misura minore, contribuisce alla propagazione del fuoco, specie se è facilmente infiammabile, o se la sorgente è molto intensa o se, infine, gli oggetti di arredamento sono abbastanza prossimi fra loro.
Se i rivestimenti sono costituiti da materie plastiche fusibili, la propagazione può avvenire anche mediante gocce infiammate o mediante fiamme e calore irradiato dalla materia plastica fusa che si raccoglie sul pavimento, dove brucia.
Concludendo in questa fase la temperatura e il flusso termico dovuto alla radiazione emessa dai gas caldi e dal soffitto e muri (nella parte superiore della stanza) sono le cause dominanti dell’ignizione degli oggetti combustibili sottostanti e perciò della rapida propagazione dell’incendio in una stanza.
L’estensione al resto dell’edificio
L’incendio spesso si propaga rapidamente al resto dell’edificio. Ciò può avvenire o direttamente quando i locali siano più o meno in comunicazione ovvero attraverso corridoi.
Nel primo caso le fiamme e i gas di combustione penetrano dall’alto nelle diverse stanze attraverso porte aperte o lasciate aperte dagli occupanti in fuga; ma anche se sono chiuse non offrono grande resistenza al passaggio del fumo e delle fiamme. Anche le pareti divisorie, specie se in pannelli prefabbricati, non sempre sono sufficientemente stagne. I materiali combustibili, già essiccati e preriscaldati dai fumi e gas caldi, rappresentano una facile esca per il fuoco con la conseguente propagazione dell’incendio.
Il secondo caso, cioè di propagazione attraverso corridoi, avviene per penetrazione di fiamme e gas di combustione a livelli elevati. In questo caso grandissima importanza assume la natura dei rivestimento del soffitto e del pavimento. Infatti il soffitto sarà riscaldato e il calore sarà irraggiato verso il pavimento. Se questo è combustibile si può infiammare e irraggiare calore verso il soffitto aggravando le condizioni di temperatura e favorendo una più rapida propagazione del fuoco.
Fattori importanti, per questo tipo di propagazione, sono la geometria del corridoio e lo stato di ventilazione nonché l’ampiezza di apertura delle porte.
Prove sperimentali hanno posto in evidenza valori più elevati della temperatura e della velocità dei gas di combustione presso il soffitto come del resto è intuitivo.
La propagazione della fiamma, nel caso di corridoi rivestiti da moquette, può raggiungere una velocità notevole (dell’ordine di 10 m/min) .
La propagazione fuori da un locale ma all’interno del fabbricato all’interno di un edificio
La propagazione di un incendio all’interno di un edificio si Può verificare ad uno stesso piano o ai piani superiori e dipende:
– dalla disposizione dei locali
– dalle vie di comunicazione (corridoi, scale, ecc.)
– dalla natura delle superfici esposte e degli eventuali rivestimenti
– dallo stato delle porte (chiuse o aperte)
– dalle condizioni aerodinamiche (all’interno e all’esterno dell’edificio)
Le vie di comunicazione, che rappresentano l’elemento necessario per la circolazione umana, divengono anche facili percorsi per il fuoco in caso di incendio.
I rivestimenti delle pareti rappresentano spesso veicoli di una rapida propagazione del fuoco.
La propagazione ad uno stesso piano è analogo a quello della propagazione nei corridoi solo che ora il fuoco si propaga attraverso una chiusura di separazione dopo la distruzione della porta d’ingresso.
Il caso della propagazione ai piani superiori, a cui corrisponde un incendio più grave, avviene:
1 – Per distruzione della porta di ingresso e invasione della scala (se aperta) da parte di fiamme, fumi e gas di combustione.
2 – Per passaggio attraverso cavità, non chiuse al livello dei solai, canalizzazioni collettive ecc., che costituiscono una via di propagazione dell’incendio.
3 – Per passaggio attraverso solai, sia mediante larghe fessurazioni – preesistenti o create dall’incendio sia, raramente, a causa dell’innalzamento della temperatura della faccia non esposta.
4 – Per mezzo di facciate combustibili e paramenti esterni infiammabili (generalmente non impiegati in Italia).
In alcuni edifici moderni per le facciate si adottano i cosiddetti “courtain walls” o muri cortina.
Essi sono costituiti da pannelli leggeri, di spessori modesti, fissati ai solai dei vari piani.
Per effetto del calore sviluppato dall’incendio i pannelli possono staccarsi dai solai (fino a cadere al suolo) aprendo una via di comunicazione diretta alle fiamme.
Inoltre i pannelli possono sviluppare fumi e gas nocivi per effetto della distillazione dei materiali, in particolare isolanti, che li costituiscono.
La propagazione può avvenire anche per passaggio delle fiamme che, fuoruscite dalle finestre, penetrano in quelle soprastanti.
La propagazione attraverso nuclei tecnici
Per nuclei tecnici si intendono tutte le canalizzazioni, verticali od orizzontali, o cavità esistenti negli edifici e destinate ad alloggiare mezzi e servizi tecnici, per es.: scale, ascensori, montacarichi, canalizzazioni orizzontali, ecc..
Se il fuoco riesce a pervenire ad un nucleo tecnico verticale le fiamme e i gas caldi, sotto la spinta ascensionale dovuta alla diminuzione di densità e per effetto di tiraggio, salgono rapidamente e vengono scaricati all’aperto se gli edifici sono muniti in sommità di apertura di sfogo .
Nella loro ascesa le fiamme e i gas caldi possono provocare l’infiammazione dei materiali facilmente combustibili (per es. le porte di ingresso ai locali siti ai piani superiori).
Se poi qualche porta é stata lasciata aperta dagli occupanti in fuga, allora i gas caldi trovano facile strada per penetrare nell’appartamento e propagarvi l’incendio.
Se l’edificio in sommità è chiuso, i gas caldi si accumuleranno nelle parti più alte per poi propagarsi verso il basso e lateralmente.
Lo schema di propagazione è valido per quasi tutti gli edifici, anche per quelli destinati a ricevere il pubblico (uffici, alberghi, ecc.). Per essi è abbastanza facile prevedere come possa avvenire la propagazione del fuoco.
Diversamente vanno le cose se si tratta di edifici di grande superficie e di grande altezza, muniti di molte aperture e scarsamente tramezzati, come per es. edifici commerciali o industriali.
In tal caso la propagazione del fuoco sarà influenzata essenzialmente dal contenuto e dalla sua disposizione e dalla modalità di conservazione.
Altri problemi specifici si presentano per centri commerciali, per sartorie con boutique (dove si hanno vetrine, molti piani e molte vie di comunicazione, ecc.).
La propagazione all’esterno del fabbricato
Per irraggiamento delle fiamme
La quantità di calore irradiato dalle fiamme attraverso le finestre è dell’ordine del 10% di quella prodotta.
Essa, come è noto, dipende dalla superficie delle finestre, dalla quarta potenza della temperatura assoluta, dal tempo di esposizione e dal coefficiente di emissione.
L’intensità di radiazione, ottenuta riferendo la quantità di calore irradiato alla superficie e al tempo, aumenta con il carico di incendio.
In tal caso i locali in fiamme sono considerati come corpi neri aventi temperature pari alla temperatura media interna al locale (dipendente dal carico d’incendio, dalla ventilazione e dalle perdite di calore).
Il campo del flusso termico radiante da un edificio in fiamme, che è funzione del tempo, della direzione e della distanza, dipende dalla distribuzione spaziale delle aperture-sorgenti (aree e intensità).
Un edificio esposto può incendiarsi per effetto dei flusso di calore radiante incidente se supera certi valori critici (”irradianza critica”) determinabili sperimentalmente e se si prolunga per un periodo di tempo sufficiente.
In base alla intensità del calore irradiato dall’incendio, è Possibile valutare l’intensità del calore incidente che perviene alle facciate degli edifici circostanti.
Si osservi che la propagazione per irraggiamento può avvenire anche per accensione di oggetti prossimi alle finestre specie se sottili e facilmente infiammabili (tende, tendine, ecc.) ed anche di altri oggetti combustibili contenuti nell’interno ma raggiunti dal calore raggiante attraverso la finestra.
In incendi reali si è constatato che la propagazione è avvenuta anche fino a 40 m di distanza.
Per convezione
La propagazione avviene solo se la temperatura della corrente gassosa ì di parecchie centinaia di gradi, come può trovarsi in vicinanza delle fiamme uscenti dalle aperture.
Per trasporto di materia
Le correnti ascensionali di gas caldi e fumi, per effetto della notevole temperatura raggiunta, possono pervenire fino ad altezze considerevoli trascinando fumi e faville ed anche tizzoni accesi che, trasportati dal vento, possono ricadere anche a distanze notevoli (500 m e più).
Se da una copertura distrutta dal fuoco si levano volute di fumo e spesse cortine di fiamme, la propagazione può avvenire secondo una risultante dei meccanismi descritti. L’irraggiamento delle fiamme che si levano dal tetto va ad aumentare quello irraggiato dalle superfici radianti delle facciate.
Per contatto diretto
Infine l’incendio può propagarsi per contatto diretto quando strutture combustibili di un edificio siano in prosecuzione o a stretto contatto con le analoghe del fabbricato confinante (solai, tetti, ecc.).